Il Digital Markets Act (DMA) è il Regolamento sui mercati digitali firmato dal Consiglio e dal Parlamento europeo il 14 settembre 2022. Si tratta di un insieme di norme UE che hanno la funzione di garantire la concorrenza leale sulle piattaforme digitali.
Per farlo, il DMA ha stabilito una serie di criteri oggettivi per identificare i gatekeeper, ovvero le piattaforme digitali (quali motori di ricerca, app store, servizi di messaggistica) che hanno:
- più di 45 milioni di utenti finali attivi al mese e 10.000 utenti commerciali attivi su base annua;
- un fatturato di almeno 7,5 miliardi di euro negli ultimi 3 esercizi finanziari.
Ha inoltre stilato un elenco degli obblighi che i gatekeeper saranno tenuti a rispettare e specifici divieti.
Il Digital Markets Act rappresenta, insieme al Digital Services Act, la base del Digital Services Package della UE, che è in vigore dal 2023. Vediamo di seguito cosa cambierà dal 7 marzo 2024.
Chi sono i gatekeeper individuati dal DMA
I gatekeeper sono quei soggetti che hanno il potere di controllare l’accesso ai mercati digitali. Ai sensi del DMA, le società che rientrano nella definizione di gatekeeper sono:
- Alphabet (Google);
- Amazon;
- Apple;
- ByteDance (TikTok);
- Meta (Facebook);
- Microsoft.
Queste società forniscono le 22 piattaforme sulle quali si applicano le nuove disposizioni. Si tratta di:
- i servizi di intermediazione: Amazon Marketplace, App Store, Google Maps, Google Play, Google Shopping, Meta Marketplace;
- i social network (Facebook, Instagram, LinkedIn, TikTok);
- la pubblicità (Google, Amazon e Meta);
- i sistemi operativi (Google Android, iOS, Windows PC OS);
- le piattaforme di condivisione video (YouTube);
- i sistemi di comunicazione (Messenger e WhatsApp);
- i sistemi di ricerca (Google Search);
- i browser (Chrome e Safari).
Quali sono gli obblighi per i gatekeeper
I gatekeeper devono rispettare una serie di obblighi, come quello di rendere i propri servizi interoperabili per i terzi in situazioni specifiche e permettere agli utenti commerciali di poter accedere ai dati generati dall’utilizzo della piattaforma.
Devono inoltre anche:
- fornire agli inserzionisti e agli editori che utilizzano la piattaforma per fare pubblicità tutti gli strumenti e le informazioni necessarie per effettuare verifiche in autonomia dei messaggi pubblicitari presenti sulla piattaforma;
- dare agli utenti commerciali la possibilità di promuovere la propria offerta e di concludere accordi con i clienti al di fuori della piattaforma.
Quali sono i divieti del DMA
Al contempo, il DMA ha previsto dei divieti per i gatekeeper, che non possono:
- promuovere eccessivamente i loro prodotti, ovvero non potranno dare ai propri servizi e prodotti un trattamento di favore in termini di classificazione rispetto a prodotti analoghi offerti da terzi sulla loro piattaforma;
- imporre limitazioni o condizioni inique agli utenti commerciali delle piattaforme, che possono ora mettersi in contatto con le imprese al di fuori delle piattaforme;
- imporre il proprio metodo di pagamento come unico possibile;
- riutilizzare i dati personali raccolti per un determinato servizio per le finalità di un altro servizio;
- preinstallare determinate applicazioni software;
- ricorrere a pratiche di vendita aggregata, ovvero alla vendita di articoli diversi all’interno di un pacchetto.
Sanzioni
Nei casi di mancato rispetto delle nuove disposizioni del DMA, la Commissione europea si riserva il diritto di applicare delle sanzioni ai gatekeeper, che corrispondono al 10% del fatturato totale a livello mondiale, elevabili al 20% nei casi di recidiva.
Nell’ipotesi in cui le violazioni dovessero diventare sistematiche, sarà ora possibile adottare sanzioni aggiuntive, come per esempio:
- il divieto di acquistare servizi aggiuntivi/altri operatori di mercato che squilibrino il mercato;
- l’obbligo di vendere una filiale o parti di essa.
Il Digital Markets Act rappresenta la risposta alle continue violazioni del diritto alla concorrenza commesse dalle Big Tech nel corso degli anni. Come si sono preparate in questi mesi le grandi piattaforme digitali per rispettare le disposizioni del DMA? Vediamo cosa hanno fatto Google, Meta e Apple.
DMA e Google
Le modifiche apportate da Google alla sua piattaforma pubblicitaria Google Ads dovrebbero fare in modo di garantire un accesso equo e non discriminatorio ai suoi utilizzatori.
In particolare, dovrebbero garantire:
- maggiore trasparenza dei prezzi degli annunci;
- possibilità per gli inserzionisti di accedere ai dati degli utenti;
- miglioramento delle interfacce per la portabilità dei dati;
- promozione delle offerte di terze parti.
Gli inserzionisti dovrebbero ora anche avere a propria disposizione strumenti di misurazione delle prestazioni indipendenti, mentre gli utenti dovrebbero anche poter bloccare la condivisione dei dati tra servizi quali Search, YouTube, Google Maps e Chrome.
Questi ultimi dovrebbero quindi poter scegliere se mantenere i collegamenti tra determinati servizi, oppure scollegarli. Quindi, la connessione dei profili può avvenire solo con il consenso dell’utente.
Google My Business
Una delle questioni più controverse ha riguardato le pagine Google My Business, dove sono presenti le recensioni, e il settore dei viaggi, degli alloggi e della vendita al dettaglio. Finora, Google ha dato precedenza nelle visualizzazioni sul suo motore di ricerca alle proprie schede.
Il DMA ha però introdotto il divieto di autopreferenza, riferendosi in particolare ai riquadri di Google in cui vengono confrontati i prezzi di prodotti, voli, hotel. Sul tema, non è stata ancora trovata una soluzione per garantire il rispetto del regolamento: alcuni sono favorevoli all’eliminazione dei riquadri di Google, altri sul fatto che dovrebbe essere garantita parità di trattamento per gli altri servizi simili.
Attualmente, è stato previsto che Google:
- dia più spazio nei risultati di ricerca ai siti di recensioni e comparazione concorrenti, come per esempio Tripadvisor;
- rimuova alcune funzionalità dalle pagine dei motori di ricerca, come Google Voli.
Meta
Meta si adegua alle disposizioni del Digital Markets Act dando la possibilità agli utenti di dissociare Facebook da Instagram e Messenger, quindi si potranno avere account separati da Facebook.
In questo modo, si può ora bloccare la condivisione delle informazioni tra i vari servizi offerti da Meta. Gli utenti potranno infatti scegliere se:
- condividere le informazioni tra i servizi di Facebook e Instagram;
- disabilitare la condivisione delle informazioni e gestire i due account separatamente.
La non condivisione dei dati corrisponde alla rinuncia della profilazione pubblicitaria da parte di Meta, ma l’utente potrebbe subire delle limitazioni su alcuni servizi.
Questa novità è in linea con la strategia che vuole introdurre una versione di Facebook e Instagram senza pubblicità, al costo di 251,88 euro – sulla quale sono stati sollevati dubbi di legittimità e sulle eventuali implicazioni.
Per quanto riguarda WhatsApp, al fine di garantire l’interoperabilità con servizi di terze parti, nella versione beta dell’applicazione per iOS è stata inserita una sezione chiamata “third-party chats”, dalla quale è possibile richiedere di comunicare con altre piattaforme, come per esempio Telegram e Discord. Questa feature è al momento riservata alle sole chat di testo, mentre non è disponibile per avviare chiamate o conversazioni di gruppo con app di terze parti.
Apple
Apple è la piattaforma che deve apportare il maggior numero di modifiche all’utilizzo della sua piattaforma e non è ancora certo se sia perfettamente in grado di assolvere ai nuovi obblighi legislativi.
Tra i cambiamenti in arrivo c’è:
- la possibilità per gli utenti di iPhone e iPad di accedere a store di app concorrenti di Apple Store, che dovrebbe portare a una riduzione dei costi delle app per gli utenti;
- la possibilità di usare motori browser diversi da WebKit;
- l’interoperabilità tra le funzionalità hardware e software di iOS e iPhone.
Alla prima apertura di Safari su iOS 17.4, per esempio, si apre una finestra nella quale l’utente può scegliere il suo browser predefinito tra un elenco di opzioni.
Sull’App store, invece, sono state introdotte nuove opzioni di pagamento, che permettono di utilizzare fornitori di sistemi di pagamento alternativi ad Apple Pay. Sono state aggiunte anche delle etichette e dei fogli informativi in modo che gli utenti siano informati sull’elaborazione alternativa dei pagamenti e sulla presenza di promozioni esterne alle app.
Non sono state eliminate, invece, le commissioni imposte agli sviluppatori, che possono ora scegliere se continuare a pagare il 30% di commissione sulle vendite delle proprie app, oppure di pagare una commissione ridotta al 17%, alla quale però si aggiunge un costo di 50 centesimi per ogni download superiore alla soglia di un milione all’anno.
Per maggiori informazioni, tutti gli aggiornamenti relativi alle app in relazione al DMA introdotti da Apple sono disponibili a questo link: Update on apps distributed in the European Union
La multa dell’Antitrust a Apple
Nel frattempo, a pochi giorni dall’applicazione del DMA, Apple ha ricevuto una multa record di 1,8 miliardi di euro da parte dell’Antitrust dell’Unione Europea: la società è stata accusata di violare le regole sulla concorrenza in relazione ai servizi di streaming musicale.
In una nota, la Commissione UE ha parlato di “condizioni commerciali sleali” da parte di Apple, la quale avrebbe impedito agli sviluppatori di app di streaming musicale di informare gli utenti di iPhone e iPad della presenza di servizi di streaming musicale alternativi e più economici.
Come dichiarato dalla vicepresidente della Commissione europea Margrethe Vestager:
«Per un decennio, Apple ha abusato della propria posizione dominante nel mercato dello streaming musicale attraverso l’App Store. Lo ha fatto impedendo agli sviluppatori di informare i consumatori sui servizi musicali alternativi e più economici disponibili al di fuori dell’ecosistema Apple. Questo è illegale in base alle norme Antitrust dell’Ue».
L’importo della sanzione imposta corrisponde allo 0,5% dei ricavi globali di Apple. La Commissione UE ha quindi chiesto a Apple di rimuovere i vincoli che impediscono ai servizi di streaming musicale concorrenti, come per esempio Spotify, di mostrare opzioni di pagamento alternative presenti al di fuori dell’App Store.
La decisione UE segna così la fine della controversia tra Spotify e Apple, iniziata nel 2019 con la denuncia da parte del colosso svedese dello streaming contro Apple dinanzi all’autorità che tutela la concorrenza del mercato nell’Unione europea.
Digital Markets Act: cosa succede ora
Alberto Bacchiega, Direttore per le Piattaforme Digitali UE presso la Direzione Generale della Concorrenza, ha enfatizzato che alcune delle proposte di adeguamento presentate dai gatekeeper potrebbero non essere sufficienti a rispettare quanto disposto dal Digital Markets Act.
La Commissione Europea ha intanto previsto un seminario pubblico da tenere poche settimane dopo la scadenza del 7 marzo, nel corso del quale i gatekeeper dovranno presentare i loro piani di conformità al DMA.